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Storia della Valsesia

Oltre che inventore e pittore, Leonardo è stato anche un precursore dell’alpinismo, salendo sul Monte Rosa all’inizio del ‘500. Al riguardo Enrico Rizzi scioglie ogni dubbio nell'opera  “Storia della Valsesia”, fresca di stampa a opera della Fondazione Monti e che sarà presentata sabato 2 Marzo 2013 a Varallo a cura della local sezione del CAI.

Il genio universale è arrivato al Col d’Olen, sopra Alagna, mosso dalle scoperte scientifiche dell’alta montagna più che dall’anelito della conquista alpinistica su quello che allora era il Monboso, toponimo usato in Valsesia e derivato forse da quello dell’alpe Bors. La “sperienza del Monboso” ritorna negli scritti leonardeschi che Rizzi recupera nella sua ampia e approfondita ricerca di oltre 400 pagine, arricchita da un eccezionale corredo fotografico, anch’esso di grande interesse storico. Può sembrare curioso che uno studioso ossolano si sia occupato (da ben quarant’anni) della Valsesia, oltre che dei Walser, suo primo e più sostanzioso amore. Ma si tratta solo di un ricorso storico, poiché già all’inizio dell’Ottocento il canonico valsesiano Nicola Sottile aveva scritto un “Quadro dell’Ossola”. Ora le parti si sono invertite.

Lontano dalle stucchevoli pedanterie di analoghi volumi , questa Storia valsesiana sarebbe piaciuta sicuramente a Indro Montanelli che, come noto, aborriva i “mattoni” dei cattedratici. Enrico Rizzi sa invece coniugare il rigore scientifico con una narrazione avvincente e godibilissima nella quale scorrono episodi e personaggi dalla preistoria alla fine dell’Ottocento. Il tutto con il valore aggiunto di numerose pergamene inedite e delle trascrizioni dei manoscritti dell’abate Carestia. È quindi una storia in molte parti nuova, che scorre, come il Sesia (o la Sesia) attraverso i millenni dalle “celtiche foreste” dell’antichità, ai medioevali conti di Biandrate, fino a fra’ Dolcino, un misto di mito e realtà. Naturalmente ampio spazio è dedicato alla fondazione della “Gerusalemme valsesiana” e ai grandi artisti locali che l’hanno ornata. Uomini e soldati, battaglie e briganti, contrabbandieri e avventurieri. Ma anche i “conquistatori” pacifici come i Walser che invece delle armi portavano soltanto gli attrezzi del loro faticoso lavoro per modellare proficuamente le terre alte.

Nel ‘700 c’è il passaggio amministrativo dalla Lombardia al Piemonte con le sue conseguenze. E infine, dopo Napoleone, ecco l’arrivo del turismo e la conquista del Rosa , che non parla soltanto inglese, ma soprattutto valsesiano grazie all’abate Gnifetti e agli “ecclesiastici intellettuali” come Pietro Calderini, Antonio Carestia e Giuseppe Farinetti.

Ogni capitolo si chiude con un corposo orientamento bibliografico e con le prospettive della ricerca. È un complemento che, già da solo, dà l’idea della monumentale ricerca archivistica dell’autore.

Teresio Valsesia

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